Giurisprudenza - Contratti in generale

I Contratti n. 2 / 1993, p. 142

 

Contratti in generale

LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONTRATTO

 

Cassazione civile sez. II - 7 gennaio 1993, n. 77 - Pres. D'Avino - Rel. Patierno - P.M. Jannelli (concl. conf.) - Viterie Venete S.p.A. (Avv.ti Casarotto e Baldon) - S.p.A. Officina Meccanica Cinel Giovanni

 

Formazione progressiva del contratto - Elementi essenziali ed elementi accessori - Momento perfezionativo del contratto

 

Si ha formazione progressiva del contratto quando le parti si scambiano una serie di proposte e controproposte, raggiungendo gradatamente l'accordo su i vari punti che compongono il contenuto del futuro contratto, fino a giungere ad un atto che, non contenendo modificazioni alle precedenti proposte, può essere considerato accettazione definitiva o perfezionamento del contratto.

 

In un contratto a formazione progressiva vi è un momento nel quale l'accordo raggiunto, anche se incompleto rispetto a tutti gli intenti economici e pratici, è voluto dalle parti come fonte di obbligazione.

 

 

Non si ha formazione progressiva del contratto e non si ha consenso negoziale quando le parti pongono sullo stesso piano elementi essenziali ed elementi accessori, e intendono proseguire, anche dopo avere documentato per iscritto le tappe dell'accordo sui punti essenziali delle trattative, le trattative stesse. In questa ipotesi, la funzione dispositiva sarà assunta solo dall'intero negozio, quando saranno esaurite positivamente tutte le trattative. In tal caso la registrazione per iscritto dei singoli accordi ha una funzione prevalentemente probatoria, non del contratto, ma della sua formazione.

 

 

con commento di Vincenzo Franceschelli

 

Svolgimento del processo

Con citazione del 12 aprile 1979 Giovanni Cinel, titolare dell'Officina Meccanica Cinel conveniva davanti al tribunale di Padova la S.p.A. Viterie Venete esponendo:

- che il 6 marzo 1979 quest'ultima, su espressa richiesta di essa attrice, le aveva offerto in vendita n. 130.000 chiavarde, al prezzo unitario di lire 1.600; - che la suddetta offerta aveva la validità di dieci giorni; - che il 15 marzo 1979 l'Officina Meccanica Cinel aveva comunicato la propria accettazione; che in data 5 aprile 1979 la convenuta in seguito a precise diffide rivoltele dall'attrice aveva dichiarato di non ritenere perfezionato il contratto e di non essere disposta a darvi esecuzione.

Chiedeva pertanto l'Officina Cinel che il contratto, concluso dalle parti il 15 marzo 1979 fosse dichiarato risolto per inadempimento delle Viterie Venete e che queste fossero, inoltre condannate al risarcimento dei danni.

Il tribunale adito, con sentenza non definitiva 6 aprile 1984 in accoglimento della domanda, dichiarava risolto per inadempimento della convenuta il contratto di compravendita stipulato il 15 marzo 1979 e condannava la convenuta medesima al risarcimento del danno da liquidarsi nel prosieguo del giudizio.

La Corte di appello di Venezia investita del gravame della soccombente Viterie Venete, con sentenza 30 aprile 1987 rigettava l'impugnazione.

Osservava la corte in motivazione, che contrariamente all'assunto delle Viterie Venete, la proposta 6 marzo 1979 doveva ritenersi completa e vincolante; in essa si precisava infatti in modo espresso la quantità e il prezzo della fornitura e la durata nel tempo in cui l'offerta delle Viterie rimaneva ferma.

Il comportamento successivo delle parti e le indicazioni fornite dalle testimonianze assunte, convincevano che sia le Viterie, che la Cinel, non avevano inteso subordinare la perfezione del contratto al successivo accordo anche su ulteriori elementi marginali, talché l'accettazione della proposta da parte della ditta Cinel aveva perfezionato l'incontro delle volontà, ponendo in essere un contratto definitivo.

L'accettazione della proposta delle Viterie da parte della ditta Cinel, contenente espressamente gli elementi essenziali e determinati della contrattazione aveva quindi perfezionato il rapporto, nonostante la riserva sugli elementi secondari e complementari che le parti e, in particolare proprio le Viterie, ritenevano non influenti, data la loro scarsa importanza e la mancanza di oneri dalle stesse derivanti.

Contro questa sentenza ricorrono le Viterie Venete sulla base di sette motivi di cassazione.

Non si è costituita l'Officina Meccanica Cinel.

 

Motivi della decisione

Con il primo motivo denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia la ricorrente società Viterie Venete contesta il giudizio della corte del merito che alla lettera 6 marzo 1979 potesse riconoscersi valore di proposta contrattuale in quanto: 1) non si conclude un contratto del valore di lire 208.000.000 con la sola precisazione del numero dei pezzi e del prezzo unitario; 2) dichiaratamente veniva inviato a successivi accordi l'ulteriore determinazione del contenuto del contratto; 3) la lettera era sottoscritta dal Marchini che non aveva alcuna rappresentanza delle Viterie Venete; 4) la "proposta" fu dal Marchini inviata non solo alle Officine Cinel ma anche "al ns. sig. Zuin", come un vero e proprio atto promozionale di un procacciatore di affari.

Con il secondo motivo denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la corte apoditticamente ritenuto che l'atto 6 marzo 1979 costituisse una proposta per il solo fatto che sarebbe stato configurato come una proposta "ferma" per il termine di giorni dieci.

Con il terzo motivo denunciando violazione degli artt. 1321, 1326, 1346 e 1374 Codice civile la ricorrente società censura la sentenza impugnata per avere la corte, sebbene la proposta 6 marzo 1979 statuisse che le altre condizioni della vendita erano da convenire e perciò che la volontà contrattuale non fosse perfetta, ritenuto ai fini della conclusione del contratto sufficiente l'accordo sugli elementi essenziali.

Con il quarto motivo denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia lamenta la ricorrente che sebbene avesse sempre sostenuto che il Sig. Marchini, firmatario della "proposta" fosse solo un procacciatore d'affari privo di impugnata sentenza ha assolutamente ignorato l'argomento (N.d.r. leggasi: privo di ogni potere di rappresentanza, l'impugnata sentenza ha assolutamente ignorato l'argomento).

Con il quinto motivo denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia lamenta la società ricorrente che sebbene fosse stata contestata la pretesa accettazione della proposta in base alla considerazione che: a) l'atto redatto su modulo intestato alle Viterie Venete veniva definito quale "commissione"; b) veniva specificato che "la proposta sarà trasmessa per accettazione alle Viterie Venete"; c) la firma dello Zuin agente delle Viterie Venete contenesse la dicitura "firma del compilatore"; d) la sottoscrizione del dipendente della Cinel fosse stata apposta sotto la dicitura "timbro e firma del Committente", la corte del merito ha assolutamente ignorato le circostanze come sopra dedotte.

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Con il settimo ed ultimo motivo denunciando violazione dell'art. 1326 assume la ricorrente società che poiché qualsiasi difformità dell'accettazione rispetto alla proposta iniziale la prima strutturalmente e funzionalmente inidonea a realizzare l'accordo, stante la necessaria identità che deve sussistere tra proposta e accettazione, nella fattispecie le modifiche aggiunte dalla pretesa "accettazione in data 15 marzo 1979 rispetto alla proposta" 6 marzo 1979 escludono la possibilità di ravvisare la formazione dell'accordo contrattuale (N.d.r.: così il testo della sentenza).

Tutte queste censure, che per la stretta connessione possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate nei limiti delle considerazioni che seguono.

Come è noto il contratto si perfeziona solo quando l'accordo tra i contraenti si estende a tutte le clausole discusse tra le parti; siano esse principali o accessorie. Se in astratto la formazione del contratto può essere schematizzata nel verificarsi di due soli atti, la proposta e l'accettazione, nella pratica invece, accanto a questa ipotesi se ne verificano altre: le parti infatti, prima che una di esse formuli una proposta in senso proprio, possono scambiarsi una serie di dichiarazioni, che esprimono l'opinione di ognuna di esse intorno al contenuto di un futuro contratto, finché in base a queste una delle parti giunga a formulare una proposta le parti inoltre possono scambiarsi una serie di proposte e controproposte, raggiungendo gradatamente l'accordo sui vari punti che compongono il contenuto del futuro contratto, fino a giungere ad un atto che non contenendo modificazioni alle precedenti proposte, possa essere considerato di accettazione definitiva o perfezionamento del contratto.

Queste due ipotesi rientrano nell'ambito delle cosiddette trattative contrattuali; in particolare nella prima si ravvisano le cosiddette trattative in senso proprio, nella seconda invece si realizza quella che viene chiamata "formazione progressiva del contratto" in quanto l'accordo si forma di volta in volta su singoli punti e l'accettazione ultima non si incontra soltanto con una proposta, ma comprende tutta una serie di proposte ed accettazioni parziali.

In questa situazione di formazione progressiva del contratto, che riflette poi quella in ordine alla quale la corte del merito era chiamata a pronunciarsi, il problema è quello di stabilire l'efficacia dei singoli accordi che le parti raggiungono sulle varie clausole contrattuali. Ora è indubitabile che anche in un contratto formato progressivamente può esservi un momento nel quale l'accordo raggiunto, anche se incompleto rispetto a tutti gli intenti economici e pratici, è voluto dalle parti come fonte di obbligazioni. Questo naturalmente non può valere quando le parti pongono invece sullo stesso piano elementi essenziali e non, e intendono proseguire, anche dopo aver documentato per iscritto le tappe dell'accordo sui punti essenziali delle trattative, senza che per questo esse si intendano obbligate e ritengano di aver dato vita ad un accordo negoziale; la funzione dispositiva sarà assunta soltanto dall'intero negozio, quando saranno esaurite positivamente tutte le trattative; in tal caso anche la registrazione per iscritto dei singoli accordi ha una funzione prevalentemente probatoria non del contratto, ma della sua formazione.

Orbene se si ha riguardo alla motivazione della sentenza impugnata appare evidente anzitutto che la Corte veneziana ha del tutto ignorato il problema della formazione progressiva del contratto, essenziale per una corretta soluzione della lite, ravvisando nell'atto 6 marzo 1979 una "proposta" sul semplice assunto che l'offerta del prezzo veniva tenuta ferma per il termine di giorni dieci. Tale conclusione infatti appare viziata da una evidente petizione di principio in quanto non è necessariamente implicito nell'impegno assunto in sede di trattativa negoziale di mantenere fermo il prezzo per un certo periodo di tempo, l'intento di considerare tale impegno quale proposta irrevocabile, ben potendo siffatto impegno - anche se relativo ad un punto essenziale - costituire soltanto un momento del processo formativo del contratto, senza efficacia vincolante, ove l'accordo delle parti non sia stato raggiunto sulla totalità degli elementi costitutivi, essenziali o secondari e su tutte le modalità di esso.

La corte del merito quindi, per giustificare la ritenuta natura dell'atto, poiché in linea di principio il momento perfezionativo del contratto è quello in cui le parti hanno raggiunto il completo accordo su tutti gli elementi del negozio, a meno che esse non abbiano voluto riservare per talune circostanze marginali la disciplina suppletiva legale, avrebbe dovuto indicare concreti e significativi elementi, rivelatori di un tale specifico intento negoziale e non già l'impegno assunto rispetto al prezzo, che di per se stesso non poteva assumere il ruolo di proposta. Peraltro la corte veneta è pervenuta a configurare l'atto 6 marzo quale proposta, sebbene le Viterie Venete avessero sempre affermato che il sig. Marchini firmatario della cosiddetta "proposta" era solo un procacciatore di affari privo di ogni potere di rappresentanza. La sentenza impugnata ha completamente pretermesso tale argomento, avente valore decisivo, in quanto in mancanza dei poteri rappresentativi da parte del procacciatore d'affari il contratto non poteva perfezionarsi senza l'accettazione della venditrice o la ratifica dell'operato del procacciatore. Sussiste quindi sotto questo aspetto il denunciato vizio di omessa pronuncia.

Anche sotto altro profilo la sentenza impugnata appare insufficiente a giustificare la decisione adottata; come è noto secondo la costante giurisprudenza di questa corte qualsiasi difformità della accettazione rispetto alla proposta rende la prima strutturalmente e funzionalmente inidonea a realizzare l'accordo, anche quando le modifiche richieste in sede di accettazione siano di valore secondario (sent. 9 febbraio 1985, n. 1072). Il principio dunque della perfetta corrispondenza tra proposta ed accettazione avrebbe dovuto escludere la possibilità di configurare la "commissione" (tale formalmente) in data 15 marzo 1979 quale "accettazione" della "proposta" in data 6 marzo 1979, dal momento che la prima presentava nuovi contenuti e cioè: a) imballo gratis; b) prezzo bloccato; c) certificato analisi e prove; d) collaudo e spese relative; e) marchio sulle viti; f) termini di consegna; g) termini e modalità di pagamento; h) spese di trasporto, rispetto alla cosiddetta proposta, che avrebbe dovuto costituire un patto ostativo alla ritenuta qualifica di accettazione.

Nulla a che vedere quindi con la cennata esigenza della necessaria identità tra proposta e accettazione, l'argomento della sentenza impugnata del perfezionamento del contratto nonostante la riserva sugli elementi secondari, ritenuti peraltro in maniera illogica di scarsa importanza, in quanto, come è stato detto innanzi, il contratto può ritenersi perfezionato quando il consenso sia stato raggiunto sugli elementi essenziali soltanto quando le parti abbiano dimostrato inequivocabilmente di non voler subordinare la perfezione del contratto al successivo accordo sugli elementi secondari.

In definitiva quindi il ricorso deve essere accolto nei limiti delle considerazioni svolte e conseguentemente la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata per rinnovato esame ad altro giudice, che si designa come in dispositivo, il quale provvederà anche per le spese del giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della corte di appello di Venezia.

 

IL COMMENTO

di Vincenzo Franceschelli

 

La Cassazione ritorna sulla formazione progressiva del contratto, figura già delineata in precedenti sentenze [1].

Ma non è questo l'unico interesse, della sentenza qui pubblicata. Se, sotto un profilo tecnico giuridico, la sentenza è pregevole nel delineare il fenomeno attinente al meccanismo di formazione del consenso negoziale, un secondo punto va segnalato, questa volta con sconsolata preoccupazione.

 

UN CONTRATTO E QUINDICI ANNI

Ci sono voluti ben quindici anni per chiarire se un contratto di compravendita di viti si era perfezionato, e non è finita, visto che la Suprema Corte cassa con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. E' questo, forse, il dato che maggiormente impressiona, sotto il profilo della giustizia sostanziale.

Non so, né credo interessa il lettore, se la Viterie Venete S.p.A. continui a produrre viti di quel tipo, né se l'Officina meccanica Cinel Giovanni continui ad avere bisogno di 130.000 chiavarde, dopo tanti anni.

Un dato però sembra certo. Nessuna impresa può tollerare di attendere quasi 15 anni per sapere, con giuridica certezza, se un contratto si è formato o meno.

Voglio credere che se venditore e compratore, proponente e accettante avessero saputo, nel lontano 1979 che l'accertamento del consenso negoziale avrebbe richiesto 15 anni di cause e processi, molto probabilmente avrebbero preferito affidare la soluzione della controversia al vecchio Saggio che, seduto sotto l'albero, come narrano le leggende, avrebbe risolto la controversia tirando i dadi.

 

GIURISPRUDENZA E DOTTRINA

Ma torniamo alla c.d. formazione progressiva del contratto.

La Suprema Corte ne aveva parlato, forse per la prima volta in modo netto, nel 1959 [2].

Scriveva allora la Suprema Corte (Cass. 10 luglio 1959, n. 2223) che può anche esservi, "in un contratto formato progressivamente, un momento nel quale l'accordo raggiunto, anche se incompiuto rispetto a tutti gli intenti economici e pratici (ai quali corrispondono le accessorie determinazioni giuridiche) è voluto dalle parti come fonte di obbligazioni, come qualcosa di definitivamente distaccato dalle volontà individuali e concorrente a formare l'unitaria volontà negoziale; e da questo momento, quindi, il contratto, anche se privo di precetti accessori e secondari, è perfetto e valido".

L'idea risale a Carnelutti il quale, nei primi anni del secolo [3], prendendo posizione sul problema della prevalenza degli elementi essenziali del contratto rispetto al principio di completezza, osservava che "spesso, soprattutto nella pratica del commercio, il contratto sorge con un fenomeno che si potrebbe chiamare di formazione progressiva o successiva. Quando infatti le parti si sono accordate su quei punti essenziali, che costituiscono il contenuto minimo del contratto, il contratto è nato. Può essere che i contraenti si accontentino di ciò: si rimettano dunque, per il regolamento del rapporto, su tutti gli altri punti, alla legge, all'uso o all'equità. Ma può essere anche che, invece, in un momento di maggiore tranquillità, vi ritornino su per completare, con una specie di supplemento di convenzione, disciplinando un maggiore o minore numero di punti o accessori, il loro accordo".

La formula "formazione progressiva del contratto" ha avuto successo, e la dottrina l'ha ripresa [4], anche a livello istituzionale [5].

Il fenomeno si collega allo svolgimento di trattative complesse, ove i rappresentanti delle parti (e, perché no, i loro legali) negoziano, in più riprese, documenti contrattuali, segnando i singoli punti in discussione.

Traccia delle discussioni è lasciata da documenti redatti dalle parti, detti "minute" o "puntuazioni".

 

FORMAZIONE DEL CONSENSO NEGOZIALE

Sorge, quindi, un "conflitto" tra i principi attinenti al consenso negoziale (che deve essere completo e totale) e i principi attinenti alla "formazione progressiva del contratto", ove il consenso negoziale può formarsi gradatamente, attraverso una serie di proposte e controproposte.

Quanto al consenso negoziale, si è sempre sostenuto che esso debba essere "totale".

La Cassazione, per esempio, con sentenza n. 1691 del 15 marzo 1982 riaffermava che "in tanto può considerarsi esaurita la fase del rapporto precontrattuale di trattativa, in quanto tra le parti si sia formato completo consenso sugli elementi del negozio, sia principali, sia secondari".

Ma il principio soffre "eccezioni". Ciò che conta è l'intento di vincolarsi, non la mancanza di accordo su un elemento secondario o accidentale. Il punto è delicato. Ma la Suprema Corte [6] lo ha risolto affermando che "L'accordo sugli elementi essenziali di un determinato contratto basta a perfezionarlo, quando non sia desumibile la volontà delle parti di subordinare la conclusione del negozio al successivo accordo sulle clausole accessorie o sugli elementi secondari" [7].

 

 

MINUTE E PUNTUAZIONI

Resta da esaminare il problema delle c.d. "minute" o "puntuazioni", con il quale la teoria della formazione progressiva del contratto è collegata.

La Suprema Corte ha sempre ribadito con fermezza che minute e puntuazioni non possono mai rappresentare un "consenso negoziale" produttivo di obbligazioni contrattuali. Così, per esempio, Cass. 8 aprile 1983, n. 2500, che ha così deciso: "Non si ha perfezione del contratto, né la relativa responsabilità contrattuale è configurabile quando, raggiuntasi l'intesa sui soli elementi essenziali del contratto, si rimetta la determinazione degli elementi accessori ad un momento successivo, in quanto la "minuta" o "puntuazione" dei primi di tali elementi, ancorché riportata in apposito documento, non ha valore vincolante per mancanza di consenso su tutti gli elementi del contratto (compresi quelli accessori), necessario per la formazione del contratto medesimo".

E ancora Cass. 15 marzo 1982, n. 1691, che ha affermato come "Lo svolgimento di trattative e la redazione di appunti o bozze di contratto di per sé non superano la fase della puntuazione, vale a dire quella di un accordo preliminare su talune delle condizioni di un futuro contratto, per intanto da ritenersi non concluso".

Ma la Suprema Corte ha sempre affermato che tale rigore è temperato dall'accertamento che, nella redazione della "minuta" o della "puntuazione" (che allora non è più né "minuta" né "puntuazione", sì invece vero contratto) le parti abbiano inteso considerare il contratto come formato (per ininfluenza dei punti da definire sulla sostanza e validità di quelli già concordati); in questo caso la minuta vale come contratto perfetto [8].

Ciò può avvenire - ricorda la Suprema Corte nella stessa decisione 8 aprile 1983, n. 2500 - "purché, però, ricorra una rigorosa ed inequivoca allegazione e dimostrazione di tale intendimento e di tale portata, anche nella "puntuazione" scritta, in mancanza di che si verte ancora in materia di valutazione (ai fini dell'eventuale responsabilità precontrattuale) dell'affidamento sulla conclusione futura del contratto contemplato, desumibile dalla minuta, ma non di contratto concluso, anche nella specie del preliminare, che è esso stesso un contratto perfetto".

Tra minuta e puntuazione, che non sono contratti, e contratto si crea quindi una zona di confine che pone problemi tipici alla c.d. formazione progressiva del contratto.

Il confine è costituito dalla volontà di vincolarsi contrattualmente (non sempre di facile individuazione). Al di là del confine c'è il contratto, al di qua del confine ci sono le trattative.

Particolarmente significativa in questo senso è una decisione della Suprema Corte [9] che ha così deciso: "La così detta puntuazione o minuta di contratto non ha, in via di massima, carattere vincolativo fra le parti, perché esse intendono solitamente documentare l'intesa raggiunta su alcuni punti, d'accordo rinviando ad un momento successivo la stipulazione del contratto, al momento, cioè, in cui avranno raggiunto l'accordo anche sugli altri punti. Ciò non esclude però che nel caso concreto la minuta possa avere essa stessa valore di documento probatorio di un contratto già perfezionato, quando contenga l'indicazione dei suoi elementi essenziali e sia dimostrato che le parti abbiano inteso vincolarsi definitivamente, in base ad altri elementi che si possano dedurre a prova, nonché in base al loro comportamento successivo, diretto a dare esecuzione all'accordo risultante dal documento stesso" [10].

 

CONCLUSIONI

Così delineata la formazione progressiva del contratto costituisce lo strumento per individuare un particolare modo di passaggio dalla fase delle trattative al contratto.

Rimane intoccato il principio generale (il dogma, vorrei dire) secondo il quale il contratto si perfeziona quando l'accordo tra i contraenti si estende a tutte le clausole discusse tra le parti, siano esse principali ed accessorie.

Ma, oltre questo principio, si apre una prospettiva nuova.

V'è un momento, nell'articolato intrecciarsi di trattative complesse, quando l'assetto raggiunto, sebbene incompleto, soddisfa una parte, che lo fa proprio, rendendolo "proposta" in senso tecnico.

Se l'altra parte, vista la nuova situazione, a sua volta accetta l'assetto raggiunto e fatto proprio dalla controparte, allora si può dire che il contratto è formato, anche se non è stata raggiunta una identità di consensi sull'intero possibile assetto negoziale.

 

Note:

1 Cfr. Cass. 25 marzo 1959, n. 929; Cass. 10 luglio 1959, n. 2223; Cass. 8 aprile 1983, n. 2500; Cass. 20 agosto 1980, n. 4942.

 

2 Cass. 25 marzo 1959, n. 929; Cass. 10 luglio 1959, n. 2223.

 

3 F. Carnelutti, Formazione progressiva del contratto (nota a App. Venezia 9 marzo 1916), in Riv. dir. comm., 1916, II, 308.

 

4 Cfr., tra gli altri, F. Camerieri, La conclusione del contratto, in I contratti in generale, in Giur. sistematica di diritto civ. e commerciale, Vol. III, Torino, UTET, 1991, 69; G. Gabrielli, Lezioni sul contratto, Parte II, Trieste, 1982, 16; C.M. Bianca, Il contratto, in Diritto civile, III, Milano, Giuffrè, 1984, 232; A. Ravazzoni, La formazione del contratto, I, Le fasi del procedimento, Milano, Giuffrè, 1973, 80; G.B. Ferri, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale per relationem, nota a Cass. 27 novembre 1963, n. 3044, in Riv. dir. comm., 1964, II, 192.

 

5 P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, VIII ed., Milano, Giuffrè, 1989, 302.

 

6 Cass. 6 giugno 1983, n. 3856, in Riv. dir. comm., 1984, II, 187, con nota di A. Fusaro, Questioni in tema di contratto.

 

7 Nella fattispecie, la Suprema Corte aveva, per esempio, stabilito che "se diversamente non risulti dall'atto, la dazione di una somma di denaro, da imputarsi in conto prezzo, a titolo di caparra, è sintomo principe della volontà di obbligarsi e presuppone la conclusione del contratto".

 

8 Ancora Cass. 8 aprile 1983, n. 2500.

 

9 Cass. 25 marzo 1959, n. 929.

 

10 Nello stesso senso, con massima quasi identica, cfr. Cass. 20 agosto 1980, n. 4942.